Cari amici,
questa volta vorrei aprire un dibattito con voi su alcune considerazioni che mi sento in dovere di fare, sulla direzione che l’alpinismo sta imboccando ogni girono di più.
Vi invito per tanto a scrivermi i vostri pensieri in merito o come commento al post o tramite e-mail.
Chi mi conosce sa che pratico questa bella attività in veste di amatore e di professionista con grande passione e dedizione, e sempre con particolare riguardo verso il trasmettere qualcosa di importante alle persone con le quali condivido in prima persona, o per altra via, le mie esperienze.
Il mio lavoro mi porta ad essere in montagna tutto l’anno e ad osservare come l’andare in montagna viene vissuto dalla gente nelle più diverse forme: dal turista al professionista, dall’atleta all’alpinista per passione, da quello che va in montagna per distrarsi, a quello che vuole provare qualcosa di nuovo ed adrenalinico, da quello che vede la montagna come una sfida con se stesso a quello che sale le montagne per poterlo raccontare agli altri, a colui che andando in montagna si porta a casa “la pagnotta”.
Sono modi molto diversi di vivere la pratica dell’alpinismo, quasi antitetici l’uno rispetto all’altro accomunati però da un unico “elemento” chiamato montagna.
Questo elemento, o meglio ambiente, ha delle regole e degli equilibri che vanno capiti e rispettati per poter così praticare l’alpinismo riducendo al minimo i rischi, e vivendolo come attività ludica, formativa, di benessere fisico e mentale.
L’alpinismo è una pratica vecchia di quasi 300 anni durante i quali ha preso diverse direzioni alimentate sia da spinte politiche che sociali che personali.
Nel 1786 il Monte Bianco è stato salito per la prima volta per scopi scientifici; nel 1865 viene salito il Cervino da E. Whymper dove la sfida era fine a sé stessa con una montagna di grande attrazione estetica e la competizione tra nazioni; Dopo il primo conflitto mondiale vi fu un notevole aumento dell'attività da parte di alpinisti austriaci e tedeschi che cercavano una sorta di rivincita ed un'affermazione nazionalistica; negli anni 30 vi fu l’alpinismo eroico di Comici; fino alla metà degli anni sessanta l'alpinismo fu ancora caratterizzato dalla progressione del grado di difficoltà, soprattutto in termini ambientali (isolamento, complessità) piuttosto che di pura difficoltà di arrampicata. In particolar modo emergono le salite invernali, le solitarie e la conquista degli ottomila. Poi il nuovo mattino, il settimo grado, gli anni novanta….quanti movimenti diversi hanno caratterizzato la storia dell’alpinismo, ma tutti i protagonisti sembravano avere qualcosa che li accomunava: la passione, il rispetto e il timore verso la montagna.
E poi c’è oggi. Com’è l’alpinismo oggi? Come abbiamo detto spesso l’alpinismo ha seguito le correnti politiche e sociali del momento. Oggi lo definirei quindi un alpinismo “mediatico”, e forse quello della peggior specie. E non è altro che lo specchio della società attuale…quella dell’apparire.
Un tempo alpinisti come Messner si lanciavano in incredibili avventure al limite delle possibilità umane alla scoperta di un mondo nuovo, quello degli 8000m, spinto dai valori più puri.
Oggi, si collezionano giganti per raggiungere un primato, per gli sponsors, senza etica ne ritegno.
Non importa come, basta arrivare per primi.
Quando il week end andiamo in falesia si sente parlare solo di gradi, di quanto una via sia dura, di quanto uno si è acciaiato. Raramente si sentono frasi come: “su quel tiro mi sono proprio divertito”.
“Ho fatto questa via, ho fatto quella via, che secondo me è molto più dura di quel che dice la guida”, oppure “è sovragradata, io ci ho camminato sopra” sono invece le frasi ricorrenti.
Quando apriamo i siti di arrampicata o sfogliamo riviste dedicate, sono il più delle volte l’elogio al “marziano”, al record di velocità, a quello di difficoltà, pieni di numeri ma vuoti di contenuto.
L’alpinismo oggi è diventato sport, business, media, apparenza, record, collezionismo. Cosa c’entra tutto questo con i valori dell’alpinismo? La passione, il rispetto, le regole, la sintonia con ciò che ci circonda, dove stanno?
L’alpinismo degli ultimi 15 anni ha anche visto un’evoluzione tecnologica non indifferente, che insieme alla mediatizzazione web e cartacea hanno coinvolto la massa in quest’attività rendendola incredibilmente più accessibile. Fin qui, nulla di male. Il problema è che non stiamo parlando di un gioco, ma ci troviamo a confrontarci con un ambiente potenzialmente molto pericoloso…se non si rispettano le regole, gli schemi. Lasciamo un attimo da parte il gruppo di persone elitario che stabilisce i record, fa gli exploit, e fa dell’alpinismo un business, e parliamo ora della massa, quella che dovrebbe praticare l’alpinismo amatoriale di ogni livello rispettando le regole e gli schemi che alla fine ci fanno tornare a casa la sera. Parliamo di quelle persone che dall’alpinismo dovrebbero semplicemente trarre beneficio psicofisico senza nessuna pressione esterna e senza nessuna pretesa.
Oggi, grazie ai nuovi materiali, si salgono vie e pareti che 15 anni fa, per la loro difficoltà o condizione, non venivano neanche considerate. Ci sono sempre più giovani e non, che con pochissima esperienza salgono vie e pareti difficili, che richiederebbero un lungo percorso di apprendimento e di esperienza per poterle affrontare in relativa sicurezza. Oggi è ”tutto facile, tutto si può salire”: ci sono i ramponi leggeri, le piccozze performanti, le viti da ghiaccio che entrano da sole, il cellulare che ci permette di chiamare i soccorsi da qualunque angolo sperduto del pianeta.
E poi c’è internet che ci dice quando una salita è in buone condizioni, quale materiale serve, come si sale, come si scende. Se ci sono le tracce è buona, se l’hanno salita 10 cordate è buona e allora ci vado anch’io. Intanto il nostro cervello ha smesso di funzionare e non prende più iniziative.
Vorrei portare un esempio fresco fresco di questi giorni per farvi capire meglio il mio punto: nelle ultime 3 settimane le grandi pareti del bacino dell’Argentiere, nel massiccio del Monte Bianco, sono state molto frequentate. Salite come la via degli Svizzeri alle Courtes o il couloir Couturier all’Aigulle Verte o ancora la via Ginat sulla parete nord delle Droites, sono state percorse da numerose cordate. Sui siti specializzati la gran parte di queste anno parlato di ottime condizioni.
Certo, perché dalla terza cordata in su, sul Couturier ci sono gli scalini e la salita si trasforma in un gesto fisico e null’altro…apparentemente!!!!
Però non consideriamo che i giorni precedenti ha nevicato con vento, che la neve si è accumulata e ha formato delle pericolose placche che potrebbero staccarsi trascinandoci a valle, che il vento che fa colare la neve sul pendio potrebbe far cadere dei pezzi più grossi dei semplici fiocchi di neve, che oltre alla salita bisogna prendere in considerazione anche la discesa, e che se non si rispettano determinati orari possiamo trovarci in situazioni molto pericolose. La sera quando scriviamo sul sito della Maison della Montagne o su Gulliver che la salita era perfetta non pensiamo ai pericoli che abbiamo corso, fermiamo il nostro pensiero alla semplice traccia e non consideriamo tutto ciò che vi era attorno.
Questa mattina, con un collega guida alpina, abbiamo fatto dietro front dopo i primi 100m del couloir suddetto. Si sprofondava fino al ginocchio in determinati punti e si stava a galla in altri; lo strato di neve si presentava molto disomogeneo e spesso vuoto al di sotto del primo strato non permettendo neanche il piazzamento di una sosta su piccozze; le colate di neve lungo il pendio erano continue, a cascate. Per certo non sono caratteristiche di una salita su neve in buone condizioni. Mentre scendiamo una cordata di francesi ci raggiunge e decide di proseguire. Arrivati agli zaini spieghiamo il problema ad una cordata di italiani che mi chiedono: “ ma gli altri hanno proseguito?” ed alla mia risposta affermativa, mi sento rispondere senza pensarci due volte “va beh allora andiamo anche noi”. Tempo due minuti uno dei due e finito nella crepaccia terminale.
Io ed il mio socio ci dirigiamo verso una goulotte decisamente più corta e tecnica nelle vicinanze per approfittare della bella giornata. Verso le 10 am decidiamo nuovamente di scendere prima di aver terminato la salita a causa del fortissimo calore che stava rendendo pericolosa la via. Verso le 11 am circa, una cordata, con tutto comodo, si dirigeva verso il couloir Couturier e lo attaccava poco dopo. Il girono prima, la vetta della Verte era stata raggiunta verso le 16 da diverse persone…che avrebbero intrapreso da lì a poco la lunga e pericolosa discesa del canale Whymper (che si trova sul versante Sud della montagna). Sulla Ginat alle Droites vi sono cordate che hanno impiegato 2 giorni e mezzo per uscire dalla parete, un tempo folle al girono d’oggi che è segno di inesperienza sia nel salire che nel valutare le capacità della cordata stessa, sia nel non valutare un’eventuale ritirata o non saperla fronteggiare.
La via degli Svizzeri alle Courtes è stata percorsa diverse volte, ma non è assolutamente in buone condizioni, è in condizioni salibili. Una volta raggiunta la vetta qualsiasi salita diventa buona e facile!!!
Il messaggio che vorrei che passasse è che oggi si ha la tendenza a non prestare attenzione a tutto ciò che comporta una salita, ma a soffermarci solo sul nome ed il numero che sono scritti sul libro guida ed alle spesso tendenziose informazioni che si leggono sui siti specializzati. Tutto ciò senza concederci una personale valutazione delle condizioni, senza porci domande e senza mettere in discussione noi stessi prima di tutto.. Purtroppo o per fortuna di incidenti ce ne sono veramente pochi rispetto alle ingenuità commesse ogni giorno dagli alpinisti. Dovremmo forse ritrovare un po’ di umiltà e un po’ di passione. Dovremmo ricominciare ad andare in montagna per noi stessi e non perché così la sera possiamo dire al mondo, quanto siamo bravi.
Buone salite a tutti!!!
10 commenti:
Carissimo Enrico sottoscrivo parola per parola. Tante ambizioni, tante informazioni, straordinarie attrezzature ma pochissima attenzione, molto papprossimazione, poco cervello, scelte sommarie e tanta ignoranza !!
Certe salite devono essere maturate in anni ed anni di pratica !!
Ma è il bagaglio di questa epoca e non attiene solo la montagna.
Un abbraccio. Giovanni De Rosa
Grazie Enrico per questa tua riflessione,
Effettivamente leggendo qua e la su internet in questi giorni sembrava che la salita alla Verte dal Couturier fosse in ottime condizioni, quasi una scala mobile fino alla vetta.
Effettivamente molti "alpinisti" prendono per oro-colato quello che leggono (... se ci sono andati loro...) e quindi vanno con la "testa nel sacco" senza poi, quando si è li sul posto, saper valutare le reali condizioni della montagna.
Sarò forse rimasto un po' un alpinista d'altri tempi, ma a me tutta questa mediaticità, fine solo alla propria esaltazione, non piace.
Bisognerebbe essere più onesti (un esempio sono i tuoi che descrivono correttamente le condizioni trovate) quando si posta un report o si pubblicano su internet delle relazioni.
Namastè a tutti
Roberto
www.mountaindream.it
non si può non essere che d'accordo con le tue parole....la comodità delel informazioni spesso vengo prese come oro colato....ma in montagna a volte ci si dimentica che da un giorno con l'altro tutto può cambiare e che le info di molti non per forza sono corrette!!!!
Ottimo pensiero e riflessione enrico!!!
stefano
Anch'io amo e sento d'avere un comportamento di assoluto rispetto e di etica nei riguardi della natura ed in particolare della motagna...Quindi concordo con l'articolo...Se ne vedono proprio di tutti i colori usciti dalle funivie.
Adesso che sono alle prime esperienze e avendo l'obbiettivo di diventare tuo collega mi rendo conto a volte di "puntare" con una certa fretta,una nord o una goulotte in base al grado di difficoltà e se per il curriculum tale salita possa andare bene...Invece che salirLa per l'estetica o per la storicità della stessa...
Di questi tempi c'è il rischio di essere miopi e superficiali...Ma l'importante è rendersene conto!
Complimenti per l'articolo e per il blog...
Saluti!
Hello,
As reader/contributor of these sites.. I read your post on Maison de la montagne last weekend, and after I read all the other posts saying the opposite...good conditions in Couturier.. Your post is much valuable information to me - it puts a "ATTENTION!" in my head for my next climb... Unfortunately, these type of reactions is pushing "mountain community" to only post their "Summits"... Most of us are forgetting that "Success" is being back home, safe - with plenty of projects for the next days/weeks. You are honest - please continue -
A bientot,
Olivier.
http://olivierchatel.blogspot.com/
ciao. meno male che c'e' qualche voce fuori dal coro. era gia' da un po' di tempo che mi giravano per la testa le tue stesse riflessioni sull'alpinismo odierno o meglio sull'andare in montagna. mi permetto di aggiungere che ormai andare in montagna per molti e come andare al lavoro ( anzi peggio )bisogna correre , fare uscite rigorosamente in giornata, guai a passare una notte tra le montagne che disonore. un ultimo appunto su messner, forse all'inizio era ancora un "puro" poi ha inventato la corsa agli 8000ed e'stato lui il re'degli sponsor.ciao e bune montagne
Grazie per queste osservazioni. Sicuramente aiutano tutti noi amatori della domenica as essere piu coscienti di quello che facciamo (se no lo fossimo gia abbastanza).
Il punto è che le condizioni in montagna cambiano in fretta e non perche uno ha trovato condizioni buone il giorno prima significa che ci saranno ancora il giorno dopo.
Siamo saliti alla Verte dal Couturier il 17 aprile (ti abbiamo incrociato al rifugio di Argentiere) e confermo che quel giorno le condizioni erano ottime. Confermo anche che tanta gente ci ha messo troppo tempo, scendendo tardissimo dal whymper che diventa una trappola pericolosa con il caldo.
Lo scorso WE sono caduto anch'io nella trapola di internet. Siamo andati a tentare una parete con gli sci che era stata scesa in ottime condizioni 2 giorni prima. Peccato che il tempo era cambiato, le temperature si erano alzate in un modo considerevole e, nonostante ci fossero persone d'avanti a noi che sono andati avanti, noi, davanti al rumore sempre piu frequente delle scariche, siamo tornati a casa, coscienti di avere sbagliato la nostra valutazione.
Speriamo che le tue osservazioni possano aiutare tutti noi ad andare in montagna utilizzando un po di piu il cervello e un po meno internet.
Oli
Per prima cosa: ho scoperto da poco il tuo blog e lo apprezzo molto e per le informazioni e per l'atteggiamento.
Quello che affermi e' sacrosanto.
Un professionista della montagna poi, rischia percentualmente di piu' di un amatore con una decente esperienza, diciamo semplicemnete perche' e' per piu' tempo in un ambiente potenzialmente pericoloso.
Qualche passo di Rock Warriors Way (un noto libro di qualche anno fa) parlerebbe di immagine di se stessi costruita nel corso del tempo e 'da difendere' a tutti i costi: 'ho fatto la tal via e questa e' uguale o un po piu' difficile, non posso fallire'.
Ma ... Non siamo mai le stesse persone, la simbiosi mente corpo fa l'alpinista confidente nelle sue capacita' e intuito ...
Maaa basta poco per incrinare l'equilibrio e trovo che l'affermare : oggi no, non sono in grado, sia a volte una presa di coscienza necessaria...
Detto questo, valutare oggettivamente i pericoli sembra banale ma e' in effetti c'e una visione e una conoscenza dell'ambiente specifico che l'alpinista anche esperto potrebbe non avere semplicemente perche' ... non e' del posto :) ... ma la cosa ... spesso viene trascurata ...
Io personalmente non mi sento piu' in sintonia con le vie 'alpinistiche' in quota e per il momento semplicemente non le faccio.
Mi e' costato fatica ammetterlo ma ci sono tanti modi per divertirsi sul verticale, basterebbe seguire il proprio cuore/istinto/vocina e il buon senso ...
Grazie comunque per lo spunto che hai sollevato eeee contiua a postare le tue salite cosi' ci fai sognare un po dall'ufficio :)
ciao enrico sono totalmente daccordo con le tue considerazioni, ma purtroppo tutto questo atteggiamento poco rispettoso della montagna e arrogante sono il frutto di questa società che brucia tutto e tutti .sicuramente come hai detto è difficilissimo sentire persone soddisfatte di salite anonime o addirittura semplici come se l'impegno tecnico prevaricasse sulla soddisfazione sulla gioia di passare un'intensa giornata passata con un amico in un ambiente meraviglioso come quello che ci offrono le nostre montagne. sicuramente rivalutare l'amicizia il trascorrere il nostro tempo di gioia con una persona che divide con noi difficoltà e pericoli a mio avviso sarebbe il punto di partenza per una riflessione necessaria non solo a livello personale ma anche da parte di tutte le riviste che propogono sempre più numeri da circo e sempre meno storie di alpinisti di uomini uniti da una profonda amicizia e da una grandissima passione per la montagna perchè alla fine quello è, un gioco più o meno pericoloso fatto da due amici un abbraccio rocco
Ciao Enrico,ho scoperto stasera questo blog e mi ha colpito questa tua bella riflessione. Io penso che oggi per diventare alpinisti basti passare alla decathlon, spendere 1000 euro in materiale tecnico, fare un paio di boulderate al b-side o qualsivoglia palestra e poi partire verso una meta famosa e difficile e conquistare il prestigio e il rispetto degli "amici" raccontando le proprie gesta! Non è cosi?? Forse la gente prende la montagna come la propria palestra e non la "vive" cercando di leggerne ogni sfumatura, ogni aspetto pericoloso o tremendamente bello. Forse bisognerebbe cominciare ad andare in montagna per gradi, camminando molto e guardando tanto, perché in fondo la montagna va guardata (di persona e non da internet come si è detto), capita e poi salita!
Ciao e in bocca al lupo per la spedizione al Chackung
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