domenica 5 dicembre 2010

L'ATTESA CONTINUA...

Cari Amici,

come da previsione oggi tutto tace. Enrico ieri mi ha comunicato che, salvo contrattempi o variazioni di programma, il raggiungimento della vetta è previsto per domani...
Aspettiamo dunque. Secondo i piani, i nostri alpinisti in questo momento dovrebbero stare bivaccando da qualche parte sulla parete, nel bel mezzo della loro scalata. Qui ora sono da poco passate le sei di sera, il che significa che per loro sono circa le dieci.
Non c'è altro da fare che attendere notizie!

Approfitto per lasciarvi una riflessione.
L'amore per la montagna - con la pratica dell'alpinismo - è qualcosa che spesso sfugge ai più. Non è facile, per chi non condivide un tale sentimento, comprendere le ragioni che spingono gli uomini a sfidare se stessi nella lotta con le vette e con le difficoltà della natura.
Molti alpinisti, ciascuno secondo le proprie possibilità, hanno tentato di spiegare alla massa che cosa ha mosso la loro intima ricerca. Qualcuno di loro, di contro, ha preferito il silenzio o ha semplicemente definito impossibile descrivere quel che aveva dentro. Un veterano degli Ottomila come Ed Viesturs, tanto per chiarirvi quanto sia soggettiva la materia, ha sempre risposto a chi gli chiedeva perché andava in montagna che "se me lo chiedi non lo capirai mai...". E in fondo, forse aveva ragione.

Eppure c'è chi ci ha regalato riflessioni profonde riuscendo, in un certo modo, a razionalizzare ciò che è emozione pura. E' il caso ad esempio di Enrico Camanni e Giuseppe Cederna, note penne devote al tema della montagna e dell'alpinismo. Le loro parole, questa sera, sono il mio saluto a voi.

La montagna è una febbre che ti prende da giovane e ti resta dentro, anche se il mondo va cambiando intorno a te, anche se i muscoli un giorno dicono basta e la famiglia reclama i tuoi spazi, e forse altre ragioni di vita meno egoistiche e più nobili vengono a sovrapporsi nel corso del tempo. Nonostante tutto alpinisti si resta, e da alpinisti, fino all’ultimo, si continua ad osservare le montagne con sguardo obliquo, cercando vie di salita, vagliando i colori e la grana della roccia, soppesando le condizioni del ghiaccio nell’algida luce di un’alba o nel riverbero di un tramonto. L’attaccamento alle pareti non si misura con gli anni e forse nemmeno con l’azione. Si misura con la passione. Questo è il fantastico, enigmatico, umanamente folle e follemente umano fascino della montagna, dove non ha senso ciò che si vede, ma solo quello che non si vede. Quella fiammella che gli alpinisti si portano dentro cercando di non scottarsi troppo.

Veronica

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